L’articolo che stai per leggere potrebbe avere un forte impatto sul tuo umore. 

Perciò siediti comodo e fai attenzione.

Ti presenterò un caso reale (e virale) e ti dimostrerò come e perché una buona strategia di comunicazione non sempre combacia con l’aumento del business… e con un marketing efficace!

Ti spiegherò i concetti fondamentali che stanno alla base del marketing strategico e operativo, quelli che spesso vengono confusi e male interpretati a causa delle troppe informazioni errate sul web.

Se non hai ancora iniziato a fare marketing per la tua azienda, l’effetto di questo articolo sarà positivo, perché ti dirò concretamente come non buttare soldi in pubblicità inutile – quella che guardi tutti i giorni sul tuo smartphone.

Se, invece, hai iniziato a investire soldi in pubblicità e marketing o vivi nell’illusione di averlo fatto, l’articolo potrebbe avere un effetto devastante.

È probabile che tu ti renda conto di aver sbagliato tutto, anche se la colpa non è tua o di chi segue il tuo marketing. 

Anche loro sono spesso vittime di convinzioni deleterie.

Sei pronto? Cominciamo…

Il marketing virale non funziona sempre! 

Sono così stanco di leggere pareri che rafforzano idee errate e non funzionali, che ho deciso di non aspettare un corso per chiarirti le idee.

Un articolo è alla portata di tutti e puoi leggerlo quando ti pare e piace.

Lo faccio perché, come si suol dire: “non sei colpevole quando non conosci, lo diventi quando sai cos’è sbagliato e continui a farlo ”; ed io non voglio fare di te un colpevole.

Ogni parola che leggerai non è una pietra che ti sto lanciando contro o un mio giudizio personale.

Il dolore che potresti sentire saranno gli schiaffi della realtà, di quello che funziona e di quello che non funziona nel marketing.

Tutto sarà supportato da dati numerici e impossibili da controbattere.

Ma perché sto facendo questo?

Il problema è nato quando in tanti gruppi – compreso il mio, ahimè – ho visto osannare campagne di marketing virali di aziende come Taffo e Motta.

Non avrei potuto limitarmi ad un post per distruggere questo credo malato.

Ho preferito scrivere un intero articolo in grado di spiegare in modo chiaro ed esaustivo il perché devi tenerti lontano da queste pubblicità creative e dalle agenzie che te le propongono, così eviterò qualsiasi fraintendimento che potrebbe metterti a rischio (o offenderti).

Cominciamo dalla campagna virale realizzata da Taffo.

La campagna virale di Taffo. Ovvero quando l’aumento di fatturato non incide sul benessere dell’azienda

Agenzia di onoranze funebri Italiana, TAFFO ha investito parte dei guadagni per aumentare la propria visibilità e lo ha fatto affidandosi ad un’agenzia di comunicazione molto creativa.

Il gioco è stato quello di rendere la morte in chiave ironica, senza risultare offensivi.

Se questa comunicazione sia etica o meno, a me non interessa, lasciamo la discussioni ai filosofi del web.

Quello che mi preme è spiegarti esattamente perché questo investimento NON FUNZIONA, anche se la loro comunicazione fa sorridere e genera centinaia di Like.

D’altronde, sai bene che un’azienda non si può mantenere sui Like di Facebook o sulle risate del pubblico.

Un’azienda si mantiene sui numeri ed è proprio quello di cui parleremo.

La giusta domanda da porsi, prima di adulare ed imitare queste iniziative, è:

La pubblicità di Taffo è stata realmente utile per accrescere i margini e il fatturato dell’azienda?

Stiamo parlando di una pubblicità che per il suo “genio” è stata portata come caso di successo al Web Marketing Festival, vantando un aumento del + 200% di fatturato per l’azienda.

Se andiamo a guardare i bilanci e a cercare quello che realmente avrebbe dato una svolta positiva all’azienda, c’è un dato a cui pochi hanno prestato attenzione e che distrugge completamente questo mitico successone: il margine.

A dare conferma di questa tesi è un ricerca fatta da DATA MEDIA HUB, il quale afferma quanto segue:

“Prima di entrare nel merito una nota. Taffo ha iniziato la propria attività sui social a Marzo 2015, dunque sia i dati del 2015 che, a maggior ragione, quelli del 2016 sono significativi per trarre un bilancio, letteralmente, della bontà, o meno, della strategia di comunicazione e dei suoi risultati concreti.

Ciò detto, Taffo chiude il 2016 con un fatturato in calo del 38.2% rispetto al 2013 e del -23.8% rispetto al 2014, prima che appunto iniziasse la propria strategia che molti “socialcosi wannabe” e affini acclamano per la “genialità” tanto da portarla al Web Marketing Festival come case study di successo dichiarando, pare, aumenti di fatturato del 200%, e dichiarandone le finalità inclusa quella naturalmente di entrare in contatto con nuovi clienti.

Se dunque l’andamento del fatturato è tutt’altro che il “miracolo” che viene raccontato pour cause, altrettanto avviene con il margine operativo lordo che passa da oltre 1.2 milioni di euro del 2014 a 150mila euro del 2016. Anche l’utile pagate le tasse, di riflesso, dai circa 253 mila euro del 2014 scende a 64mila euro nel 2016 [-74.7%].

Se a questo si aggiunge che in realtà i Taffo sono due, con lo stesso nome e solo diverso dominio [taffo.it e taffo.com], con una strategia comunicativa che si somiglia in tutto e per tutto, si completa la comprensione di quanto inefficace sia la strategia di marketing e la relativa comunicazione, come, appunto, testimoniano i dati di bilancio.”

Come vedi, i numeri riportati non sono inventati.

Anche volendo finta che Data Media Hub sia stata troppo rigida con la raccolta dati e che il “successo” di Taffo sia arrivato dopo il 2016 – come afferma il Titolare dell’agenzia di comunicazione – il problema sussiste.

La mia domanda è: perché Taffo avrebbe dovuto ingaggiare un’agenzia di comunicazione che comunica in tutta Italia?

Secondo la mia umile logica, l’obiettivo era creare un business al livello nazionale. 

Un obiettivo che, in realtà, voleva spingersi oltre.

Ma ha funzionato o no?

Lo stesso AD di Taffo afferma in un’intervista che la campagna di marketing virale non ha prodotto un vero e proprio innalzamento del “benessere” aziendale – lo hanno detto i numeri e l’ha ribadito anche lui.

“Siamo arrivati anche in Inghilterra, ma in verità questo accadeva da sempre. Siamo tanto conosciuti fuori dalla nostra zona ma ti direi una bugia se ti dicessi che abbiamo incrementato il lavoro oltre i nostri confini grazie alla pubblicità”
(Giacomo Taffo, fonte: http://tabletroma.it/taffo)

Volendo essere più diretti, quello che ripeto spesso agli imprenditori del settore impiantistico durante le mie consulenze è molto semplice:

“Se quello che investi non produce quello che hai previsto, stai sbagliando qualcosa.”

Ora ascoltami. 

Non dico che una campagna di marketing virale sia sempre il male assoluto, ma deve essere efficace e portare un risultato misurabile.

Se sei un installatore ci sono diversi modi per iniziare una campagna marketing efficace. 

Ho addirittura testato sul campo un metodo per la vendita di impianti. Si chiama IMPIANTO PRESO.

Quello che spesso accade invece è che si da libertà estrema alle agenzie creative che però non sanno nulla del tuo mercato e di quello che fa vendere il tuo prodotto.

É ciò che è accaduto a Motta.

La campagna pubblicitaria Motta: Un asteroide che non fa vendere di più!

Quanto è costata la pubblicità dell’asteroide? Qual era esattamente lo scopo di quella pubblicità?

Ha fatto parlare tantissimo, è vero, ma non significa che abbia funzionato o al massimo ha funzionato per creare una discussione, ma non a vendere il prodotto.

La velocità e la libertà con cui le notizie e gli spot capitano sotto i nostri occhi ha peggiorato le cose.

La gente ha iniziato a venerare il concetto della “viralità” come se fosse il motore del marketing e confondendola col marketing stesso.

Se c’è una cosa che non devi MAI dimenticare a proposito del marketing, è che il marketing o la pubblicità devono sempre:

  1. Far vendere la tua soluzione/prodotto;
  2. Portare un ritorno dell’investimento;
  3. Creare e/o rafforzare il brand a lungo termine;

Se non raggiungi nessuno di questi risultati, non puoi dire di aver fatto marketing e non puoi dire che il marketing fa schifo, perché non sai cos’è.

Nonostante tutto sono certo che tu stia ancora pensando a quel “+200% sul fatturato”, credi sia un ottimo risultato vero?

Staccati da questa convinzione malata e smetti di puntare a tutto quello che sembra “facile e carino”.

Quello che sto per dirti non l’ho inventato la scorsa settimana, né, tantomeno, l’ho appreso da un guru novellino.

Come la matematica, l’elettronica e la fisica, esiste una disciplina altrettanto scientifica che si chiama “Business”, fatta di prove, statistiche e risultati.

Le leggi del business per creare una campagna pubblicitaria efficace

Come ogni disciplina che si rispetti, anche il Business (quello vero) è fondato su leggi concrete e in gran parte immutabili.

Queste leggi, tra l’altro, ti spiegano esattamente perché quello di Taffo e Motta non è un successo e mai lo sarà, se non saranno in grado di creare un reale valore differenziante.

Eccole semplificate e contestualizzate:

  1. Non puoi fare pubblicità se prima non hai lavorato sulla “Big ideaPer Ogilvy rappresentava il cuore dell’intero processo di marketing, l’idea principale attorno alla quale veniva costruito tutto: strategia, immagine, parole ecc.
  2. Non puoi fare pubblicità basandoti su video e post viraliUn video virale ha una rapida espansione, ti “infetta”, compare su tutti gli schermi e su tutte le chat, ma, proprio come un virus, ti colpisce per poi scomparire dopo poco tempo.

Nulla di tutto questo rimarrà impresso nella tua mente, contrariamente ad un BRAND forte.

Nel business ciò che esplode velocemente non è duraturo nel tempo: ha bisogno di essere maturato, raggiungere il giusto target ed essere compreso per quello che è realmente (non perché fa ridere). 

Al Ries, con Jack Trout, ha dimostrato e dimostra da anni come la focalizzazione sia la chiave del successo del business di oggi.

  1. Quando fai un investimento devi considerare il ROIA meno che la tua azienda non sia Coca Cola, non puoi assolutamente permetterti di fare il minimo investimento senza considerare il ritorno sull’investimento stesso.

Devi fermarti e calcolare quante vendite devi effettuare per avere un profitto che ti faccia quantomeno andare in pari. 

Tutto questo sarà decisivo per comprendere la profittabilità dell’investimento, basandosi, quindi, non sul fatturato, ma sul reddito operativo! (ricavi NETTI – costi operativi).

Perché dovresti credere a quello che ti sto dicendo?

Il primis, se fai una brevissima riflessione su questi tre punti, capirai da solo che si tratta di un ragionamento molto logico. 

In secondo luogo perché ho riassunto quello che ho studiato e che continuo a studiare e testare con successo. 

Non prenderlo come un mio consiglio, ma come una legge scritta da chi, nel tempo, ha dato vita a metodi scientifici (alcuni presenti addirittura nei libri di economia e marketing universitari) in un settore dove è molto facile sbagliare strada e farsi prendere da malsane filosofie non supportate da riscontri reali o dati certi.

Qual è il succo del discorso? 

Sia a Taffo che a Motta manca la parte più importante: il marketing.

Ma in cosa consiste un processo di marketing efficace?

Partiamo dal primo concetto fondamentale: il “perché “ del marketing.

Non tutti conoscono o non tutti affrontano gli step necessari per trasformare un prospect (non cliente) in un cliente:

  • marketing
  • pubblicità
  • vendita

La realtà del mercato negli ultimi 20 anni è che i ruoli sono tutti messi nuovamente in gioco ed insieme ai ruoli lo sono anche le “posizioni”. 

Aziende leader in una determinata categoria non è detto che lo siano ancora, oppure, aziende che non esistevano fino a 3 anni fa, oggi fatturano milioni e milioni di euro .

Nel primo caso, per il 95% dei casi, si tratta di una leadership conquistata di riflesso o in modo inconscio da parte dell’imprenditore medio italiano. 

Uno dei tanti fattori che ha favorito questa tipologia di leadership è il tempo, ovvero, aziende che erano o sono leader solo perché esistono da tantissimi anni.

È una colpa? È una cosa brutta? 

Assolutamente no, ma

se si continua a non sostenere la leadership e a rafforzarla con strategia e marketing, questa posizione verrà persa a favore di altre aziende.

Nel secondo caso, quello di aziende milionarie neo-nate, le opzioni sono due e di solito sono sempre strettamente legate:

  • azienda con soluzione innovativa
  • azienda sostenuta da strategia e marketing

A questo punto, qual’è la differenza tra marketing e pubblicità?

È un concetto che ho spiegato più e più volte in vari articoli, ma è giusto ripeterlo, perché molti ancora non l’hanno capito e addirittura non sanno che c’è una differenza.

Il marketing è una scienza e come tale si basa sui dati, in termini di numeri, e sulle informazioni raccolte da ricerche di mercato precise e mirate.

La pubblicità, invece, non è altro che l’amplificazione a tutti i livelli del messaggio venuto fuori dal marketing.

Come vedi c’è una correlazione tra i due, ma in cosa consiste?

Fai attenzione a questo passaggio, sarà un riferimento che troverai più volte. 

Per essere il più chiaro possibile, mi farò aiutare da questa immagine: guardala attentamente e poi continua a leggere.

Quando finirai di leggere la mia descrizione, guarda nuovamente l’immagine: sarà tutto più chiaro.

Tranne qualche nicchia particolare, oggi ci troviamo ad agire in un mercato saturo e, se ti fermi un attimo a pensare al nostro settore, è evidente come siamo bombardati, in modo diretto o indiretto, da ogni fronte.

Un produttore sa benissimo che rispetto al passato oggi si è davvero in tanti a produrre e tanti sono anche quelli che fingono di farlo ribrandizzando prodotti di altri.

Un distributore sa che fare distribuzione prima significava avere soldi e pelo sullo stomaco. 

Oggi chiunque abbia un magazzino in “conto vendita” (grazie al produttore) e un localino da 60 mq, si autoproclama distributore.

Per un installatore la storia non cambia: dopolavoristi e grossi provider sono piombati o stanno per piombare nella tua città.

Queste figure “fisiche” non sono l’unico ostacolo. 

Anche la vendita online, giusta o sbagliata che sia, tocca e incide su tutta la filiera, dal produttore all’installatore.

In molti dei casi che seguo, o semplicemente osservando il nostro settore, mi accorgo che sono tutti allo stesso livello.

Tutti quanti sono prodotto centrici e tutti quanti comunicano (nel migliore dei casi) la stessa cosa.

Facciamo alcuni esempi.

Molti produttori sono convinti che basti avere un buon prodotto e tanta pubblicità per rafforzare il proprio brand (attenzione ho detto pubblicità e non marketing).

Alcuni distributori non si avvicinano minimante a queste dinamiche e pensano che fare o rifare una nuova sede e/o un nuovo sito internet possa bastare per essere diversi dagli altri, farsi notare e farsi scegliere.

L’installatore nel migliore dei casi decide di affidarsi ad un’agenzia che si occupa del sito internet e della pagina facebook. 

A volte non fa nulla e altre volte – nel peggiore dei casi – ricorre al “fai da te”, occupandosi personalmente della gestione dei social o stampe cartacee (mal fatte e deleterie per la percezione che avrà il cliente).

Grosso modo troviamo 2 situazioni generiche: chi fa e chi non fa nulla.

Tra i due? Non so chi sia peggio.

Chi fa, investe soldi – a volte troppi ed in maniera sbagliata – imitando gli altri, comunicando il loro stesso messaggio e distruggendo il proprio valore differenziante.

Quando tutti pubblicizzano la stessa cosa, il cliente non ti sceglie perché sei diverso, ti sceglie perché avrebbe comunque scelto te.

A che pro, allora, buttare soldi in una pubblicità utile solo a metterti al pari dei tuoi concorrenti?

Chi non fa, vive in attesa di un miracolo… e i miracoli non esistono.

Se il ROI nelle campagne fatte da queste fantomatiche agenzie pubblicitarie è sempre basso, il motivo rimane sempre e solo uno: manca una strategia di marketing e manca tutta quella parte operativa che aiuta il brand a tirarsi fuori dalla mischia.

Per farlo non basta avere qualcuno che gestisce la parte social o web.

Si tratta di avere una visione completa del brand all’interno di un contesto ben specifico – storia dell’azienda, settore e concorrenza – da cui devi emergere e differenziarti. 

Se fatto bene, il cliente lo percepisce in maniera quasi inconscia e, allo stesso tempo, in modo chiaro e preciso.

È un lavoro di classe, non è un lavoro banale.

Ora riconcentrati sull’immagine.

La maggior parte dei brand si trova nella posizione più pericolosa – quella “rossa” alla base della piramide – dove l’azienda non è conosciuta o è percepita come le altre.

Bene, cosa bisogna fare in questo caso? La risposta esatta sarebbe studiare una strategia sulla base dei dati di mercato e dei competitor.

Cosa fanno in realtà? Pubblicità creativa campata in aria.

I brand, prima di essere pubblicizzati, vanno posizionati e questo vale per TUTTI i settori, senza distinzioni.

La pubblicità serve per conservare questa posizione e amplificare il “verbo” differenziante e la si utilizza solo dopo aver percorso la ripida salita della piramide in questo modo:

  • Trova il valore differenziante
  • Costruisci la strategia
  • Innesca il “sistema” marketing
  • Conservo e rafforzo il valore differenziante con la pubblicità
  • Vendo

Partire direttamente dal punto 4 (pubblicità), significa non arrivare mai al punto 5 e ritrovarsi con un ritorno sull’investimento pari o negativo – insomma, spenderesti più di quanto ti ritornerebbe.

Parti dal primo punto, segui l’ordine e la vendita diventerà un processo automatico.

Non sarà più necessario fare prezzacci, prendere porte in faccia o proporsi al cliente elemosinando.

Sarà lui a riconoscere il messaggio differenziante del tuo brand e acquistare da te in maniera automatica.

L’insuccesso nascosto di Taffo e della sua campagna risiede proprio in questi errori e diventa palese se paragonato ad un caso di successo di un’altra agenzia di onoranze funebri americana. 

Una strategia di marketing efficace: il caso della Everest

La Everest (www.everestfuneral.com) ha cambiato radicalmente la concezione di business rispetto alla fornitura funebre:

“Non vendere un prodotto, ma vendere una soluzione differente”

Everest, infatti, è un servizio di concierge funebre stipulato in un piano di assicurazione sulla vita.

A differenza delle classiche agenzie, non si occupa unicamente della fornitura di bare, ma aiuta le famiglie in momenti dolorosi, complicanti e confusi.

Quando il soggetto assicurato passa a miglior vita, i consulenti di Everest intervengono prontamente negoziando i prezzi migliori, personalizzando il piano funebre e collaborano con il beneficiario per ottenere i proventi dalla polizza assicurativa in sole 48h dopo il decesso, rimanendo disponibili durante tutte le fasi del percorso.

Questo per i familiari significa non farsi fregare soldi nel momento del dolore e non avere nessuna cosa a cui pensare se non piangere il proprio caro (se conosci l’inglese guarda questo video tutorial –→ https://www.youtube.com/watch?v=JRFODdEYwqE )

Ti rendi conto di cosa significhi studiare e intavolare una strategia?

Mentre in Italia per costruirsi un’immagine si fanno post creativi e simpatici sulle bare, vediamo cosa è accaduto ad Everest.

La startup fu fondata da Mark Duffey, che ebbe una grande idea (la big idea di cui ti ho parlato prima): voleva costruire il primo servizio di pianificazione funebre nazionale.

Il primo problema era il nome, il secondo era il logo.

Quale nome scegliere in modo che non contenesse parole chiave come “morte” o “funerale?” Quale marchio visivo usare senza alludere a morte e cimitero?

Per quanto riguarda il naming, è stato sfruttato il doppio senso della parola EVEREST. 

Questa parola, infatti, può essere intesa in due modi: “riposa mai”, un eufemismo per la morte, o “Everest”, la montagna più alta del mondo. 

Con il logo hanno voluto rafforzare il nome, utilizzando la medesima montagna.

Inoltre, tutta la strategia è stata costruita con un focus ben preciso: La nuova categoria di funeral planner.

Il risultato di tutto questo?

Oltre 25 milioni di persone negli Stati Uniti e in Canada sono affiliate ad Everest.

Tornando a Taffo.

Ricordi che logo ha? Qual è il suo target? Il suo obiettivo? Il suo posizionamento?

Probabilmente le tue risposte sono sbagliate, confusionarie e a volte non sai proprio rispondere segno che, forse, nonostante i risultati sbandierati, non è stata fatta una buona comunicazione.

Direi che non c’è da aggiungere molto altro.

Il nostro settore, è un mercato in cui pochi fanno marketing seriamente e ovviamente il primo che “sputa” surrogati di marketing viene notato.

È anche vero che, se fai il marketing in modo sbagliato, perdi soldi e domani mattina, quando arriverà un tuo competitor che farà del marketing vero, ti toglierà la posizione e ti strapperà via tutti i clienti. 

Prima di affidarti a qualcuno, perciò, ricordati questo articolo. Ti farà risparmiare soldi e salute.

A presto!

D.A.

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